giovedì 15 ottobre 1998

Anche nell’agro di Pietracupa un complesso badiale? Il Monastero di S. Alessandro

‘Scoperta’ già da qualche anno, ed in maniera assai fortuita, dal curioso interesse culturale di Don Mario Colavita, attuale Parroco di Limosano, che ringraziamo per la segnalazione e per l’invito ad interpretarla, sta nell’Archivio Parrocchiale di Macchia Valfortore (collocata in un ‘posto’ caratterizzato dalla più assoluta casualità) una pergamena del XIV secolo, da poco re con ui-i intervento, che ne ha, però, ridotto la possibilità di una completa e corretta lettura.

Anche se è stato, almeno sino ad oggi, dimenticato (ma ignorati come quello ne esistono tantissimi negli archivi ‘privati’ ed ecclesiastici) da tutti gli organi ufficiali (competenti e, soprattutto, incompetenti), il documento, che, come assai di frequente accadeva un tempo, veniva adoperato (e da tale uso improprio gli derivò il conseguente deterioramento) per ‘copertina’ di qualche registro parrocchiale, riveste per lo studioso di cose molisane quel notevole interesse, di cui diremo qualche aspetto che ci è sembrato essenziale.

Perché permette di localizzare nell’agro di Pietracupa, e precisamente nella località Colle Sant’Alessandro, posta al confine con l’agro di Torella, una “Abbatia, seu Ecclesia S.ti Alexandri”. Tale complesso monastico è da inserire in quella fitta serie di strutture cenobitico-curtensi che ha caratterizzato per secoli il territorio della media valle del fiume Biferno e che andrebbe fatta oggetto di studi seri ed approfonditi per poter ridisegnare (con risultati diversi, ma sicuramente più vicini al vero, di quelli proposti dalla cultura ufficiale e di palazzo) la geografia sociale e religiosa, la mappa degli organismi produttivi ed i collegamenti stradali fissati sulle vie romane e che, poi, diedero origine a quei percorsi tratturali, lungo i quali quelle strutture si vennero a posizionare. Anch’esso, non diversamente dai tanti altri complessi abbaziali di quell’ambito territoriale, era sorto, così come dimostrerebbero i moltissimi rinvenimenti fatti nella zona da contadini (ma le Sovrintendenze dove sono?), su di una villa romana, la struttura produttiva del tardo impero. Nel rispetto, poi, dei dettami dell’osservanza benedettina (ora et labora) venne strutturandosi in curtis, la tipica organizzazione socio-produttiva dell’alto medioevo. E, come dimostra il prezioso documento, che reca la data del 26 aprile del 1370 (anno primo di pontificato di Papa Gregorio XI, il Pontefice <1370-1378>, che riportò, nel 1378, la Sede di S. Pietro da Avignone a Roma), mantenne una funzione di polo economico anche successivamente e sino all’epoca basso-medioevale.

Perché permette di avere una conferma, da riferire anche alle istituzioni dell’area molisana, della commistione, nella gestione dei rapporti di potere, tra le funzioni civili e quelle ecclesiastiche del dominus, che poteva indifferentemente essere tanto un laico, al quale venivano venduti anche compiti religiosi, quanto un esponente di quel Clero gaudente, rispetto alle condizioni della vita ‘normale’, nelle ricchezze, formato da preti, sia secolari che regolari, tra i quali la scandalosa convivenza more uxorio con donne era non l’eccezione, bensì la regola.

Ed, infine, perché, pur tra le mille difficoltà dovute alla cattiva conservazione della pergamena, che si presenta in molte parti assai sbiadita e poco interpretabiie, permette di ricostruire costumanze ed usi di una giornata di festa, tenutasi nell’ Abbatia S.ti Alexandri a conclusione di un importante accordo economico riguardante spettanze, diritti e competenze. Alla stipula parteciparono:

- il notarius, l’abbate Roberto di Saruntolo da Frosolone (abbas Robbertus de saruntulo de Frisolono);

- diversi “testes literati ed illiterati”;

- il nobile Roberto “de petracupa”, che è allo stesso tempo ‘signore (dominus)’ del “castrum petrecupe” e ‘padrone (patronus)’ della Chiesa di S. Alessandro;

- l’abbate Carlo da Tufo (Karolus de tufo), “abbate e Rettore (abbas et Rector)” della predetta Chiesa;

- l’ “uomo pubblico (publicus vir)” Signor Don Nicola, l’Arciprete della Chiesa di Pietracupa;

- il Vicario e Nunzio del Vescovo di Trivento (che, dopo la soppressione della Diocesi di Limosano, ha necessità di affermare la sua autorità), precedentemente incaricato con procura dallo stesso titolare della Sede Episcopale.

Non resta, per chiudere ed margine della ‘scoperta’, i cui meriti sono da attribuirsi ad un prete curioso e ad un suo amico che fa della ricerca solo per hobby, che una considerazione semplice semplice e senza nessuna pretesa. Non sarebbe, cioè, più produttivo che la CULTURA, anziché lucro di pochi eletti e raccomandati, che sono riusciti a ritagliarsi la loro area di privilegio burocratico nei palazzi sontuosi, foraggiati, all’insaputa di tanti, con progetti di nessuna utilità e finalizzati solo alla spartizione di denaro, diventasse dapprima la proposta e, poi, allargato a tutto il territorio, il lavoro di chi è capace di attualizzarla? Forse e, meglio, senza forse, non vi sarebbero più tanti inutili uffici che vivono solo del loro essere burocrazia, ma la rivitalizzazione dei piccoli centri abitati, intorno alla riscoperta della specifica identità storico-culturale di ciascuno di essi. Ma, per far ciò, occorre passione, lavoro ed un cambio di mentalità. E, soprattutto, di teste.


[da Vita Diocesana, quindicinale della diocesi di Campobasso, Anno I, n. 16 del 15 ottobre 1998]