martedì 15 febbraio 2000

Da Tifernum a Limosano: solo una ipotesi storica?

Sono più di una le iscrizioni, che, pur attribuite all’ambito territoriale di ‘Fagifulae’, il ‘municipium’ imposto dalla romanizzazione nell’area del medio Biferno e situato alla destra del fiume, sono state rinvenute in una zona ben precisa e definita, ma posta alla sua sinistra, dell’agro di Limosano.
E’ sin troppo evidente, dal recente “Repertorio delle Iscrizioni Latine, III Fagifulae” del De Benedittis (ma a spese dell’IRESMO), che: l’iscrizione al n. 6 (CIL, IX, 2595) è stata rinvenuta in “contrada Monte Mercurio (anche Monte Marcone)”, quella al n. 16 (CIL, IX, 2621) è stata rinvenuta in “località Monte Marcone (o Mercurio)” e l’altra al n. 17 (CIL, IX, 2623) pure è stata “rinvenuta in agro di Limosano, località Colle Ginestra”, che a Monte Marconi è limitrofa.
Il quotidiano ‘IL TEMPO Molise’ del 24 ottobre 1998 documentava, anche con una foto (di un fotografo che è stato visto appropriarsi ed asportare alcuni ‘reperti’), l’esistenza, nascosta tra le sterpaglie, di “una tomba antica abbandonata sul terreno” composta da un unico blocco in pietra, il cui coperchio, a detta di alcuni ben lavorato, pare sia stato ancora nascosto sotto la terra. E ciò, ovviamente, nella zona di ‘Colle Ginestra’.
Nella stessa zona sono state trovate, inoltre, statuette in bronzo, come quella di “Ercole in assalto” (v. DI NIRO A., Piccoli Bronzi figurati nel Museo di Campobasso, Campobasso 1978, tav. VII).
E, sempre nella stessa zona, sono state più volte rinvenute monete sannite e romane.
E’ notizia del rinvenimento, ancora e sempre in quella ben precisa zona, di un mosaico pavimentale policromo a motivi ornamentali, che la paura di espropri (ma come si può fare ‘storia’ se le istituzioni, che pur dovrebbero far emergere le fonti, contribuiscono, con il timore, a farle occultare?) ha, invece, ricoperto nuovamente di terra.
E’ pure notizia, verificata e constatata di persona da chi scrive, di altri rinvenimenti che riguardano tegoli di cotto, pezzi di anfore verniciate finemente con vernice nera o anche non verniciate, monili diversi e varia utensileria.
Ed è anche notizia (si veda la foto) del ritrovamento di parte (circa un metro) di una colonna di stile ellenico.
Tutto questo, che già di per sé, in quanto potrebbe chiaramente documentare il sito di un insediamento antico, dovrebbe incuriosire chiunque e spingere le istituzioni ad intervenire, in una zona ben precisa, che è quella riferibile agli antichi corpi feudali di Cascapera e di Ferrara, posti tra Limosano, Lucito e S. Angelo Limosano.
E’ ciò frutto solo di un caso? O, se è vero (e perché, anche alla luce di tutti gli elencati rinvenimenti, non dovrebbe esserlo?) che una consolidata tradizione storiografica situava in agro di Limosano la liviana ‘Tifernum’, nelle cui adiacenze (probabilmente alla ‘Morgia della Battaglia’, posto assai compatibile con le vicende, gli episodi e le circostanze dei fatti descritti da Tito Livio) si erano combattuti gli scontri del 304 e del 297 a. C. tra Sanniti e Romani, non potrebbe essere collocato il suo (di ‘Tifernum’) sito proprio a ‘Cascapera’, il cui etimo, composto da ‘casca’ (plurale di ‘cascum’, = antico, vecchio) e da ‘PERa’ (la radice centrale di ‘Ti-PHER-num’), indicherebbe proprio l’antica Tifernum? E, del resto, anche per l’etimo ‘Ferrara’, che contiene la radice ‘Fer’ (o anche ‘Pher’), potrebbe essere proposta la derivazione, con successivi fenomeni di contrazioni e di corruzioni linguistiche, da “(ti)PHERna-RA”.
Va aggiunto che la radice ‘Fer’ (o anche ‘Pher’), se la si fa derivare da ‘pyr’ (genitivo ‘pyros’, = fuoco), potrebbe far pensare ad una località dove si svolgevano antichi (casca) rituali con il fuoco; e se, al contrario (ma questa seconda ipotesi sembrerebbe la meno probabile), la si deriva da ‘pyros’ (genitivo. –ou, = grano), ci si potrebbe riferire ad una località particolarmente fertile e ferace.
In ogni caso, infine, è sin troppo evidente l’affinità etimologica tra i toponimi di ‘Cascapera’ e di ‘Ferrara’ con quello della stazione viaria “Ad PYRum”, posta sul percorso dell’antica strada di collegamento tra Bovianum (Bojano) e Larinum (Larino), indicata dalla ‘Tabula Peutingeriana’.
In seguito e dopo i fasti dell’epoca sannita, Tifernum, nonostante il genocidio della romanizzazione, che nell’area del medio Biferno assegnerà la dignità di ‘municipium’ a ‘Fagifulae’, centro emergente, più romanizzabile e del primo meglio posizionato rispetto al fiume, continuerà a mantenere, pur ridimensionato, una sua visibilità sul territorio e per le popolazioni alla sinistra della valle.
La sua collocazione marginale, decentrata e, perciò stesso, poco controllabile dalle autorità di Fagifulae, il centro amministrativo ufficiale, vi favorì più che in quest’ultimo il formarsi di una comunità cristiana, la cui ‘ecclesia’, in quanto riferibile ad un municipium (anche se civilmente lo era Fagifulae) e ad un suo ben preciso ambito territoriale, venne ben presto affidata alla amministrazione di un ‘episcopus’, che nel tempo diventò il capo della relativa ‘diocesi’.
Questa, la diocesi di Tifernum, nata nel corso del II secolo come ‘tifernate’ (ed “episcopi tiphernatium” sono documentati per il IV ed il V secolo), riemergerà come ‘musanense’ tra il VII e l’VIII secolo, quando l’insediamento abitativo si sposterà dalla Tifernum, posta a Cascapera, a ‘Musane’, l’attuale Limosano, di cui (e la cosa spiega anche l’attribuzione, nei documenti, a Limosano della dicitura ‘olim civitas’) sin dai primi anni del IX secolo è documentata la diocesi.
Del resto, poiché i fattori di regressione (di ogni tipo) nel periodo di tempo che va dal VI all’VIII secolo mai avrebbero potuto favorire la nascita ‘ex-novo’ di un insediamento urbano, quella della continuità storica da Tifernum a Musane, più che una semplice ipotesi, diventa necessaria ed insopprimibile realtà, con cui deve fare i suoi conti ogni ricostruzione storica relativa all’ambito territoriale del medio Biferno.
E che, infine, Limosano (o, meglio, Musane), sia stato l’insediamento, assai importante, che storicamente ha mantenuto la sua continuità, rilevandone ruoli e funzioni, con Tifernum e Fagifulae, lo dimostra la lettura di alcuni documenti dell’Archivio Vaticano (Benevent Civit.is & Ducatus Varia – 1132/1312). Essi, infatti, riferiscono di Limosano, che allora contava una popolazione stimata, e stimabile, almeno intorno ai 4000 abitanti, essere “una Terra migliore di quanto sia la Città di Trivento, la Città della Guardia(alfiera) e la Città di Larino” ed essere “la migliore di tutta la provincia eccettuata Bojano”. Quella ‘Terra’, dove il ‘Giustiziere di Terra di Lavoro’ si recava di persona ad amministrare la giustizia, è, da ultimo, ‘insignis’ perché “ha molte persone di cultura letterati, ossia professori di logica, docenti, medici, insegnanti di grammatica, avvocati, notai, Giudici ed artisti”.
Quali i motivi che determineranno la decadenza e lo scadimento di quella Limosano?
La loro complessità consiglia di farne oggetto di altro scritto, al quale sin da ora si rimanda il cortese e buon lettore, che pazientemente ci ha concesso la sua benevola attenzione.

da Provincia Notizie, organo di stampa della Provincia di Campobasso, febbraio 2000, pag. 29.

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