martedì 30 giugno 1998

La diocesi scomparsa di Limosano: era più antica di quanto riferiscono gli storici?

Che nel territorio dell'attuale Molise i municipia imposti dalla romanizzazione siano stati tutti derivati da preesistenti strutture insediamentali è cosa ormai definitivamente accertata. Come definitivamente accertato è che essi coll'affermarsi del Cristianesimo, che, mosso da motivazioni analoghe, per radicarsi seguì una 'ratio historica' identica a quella di Roma, furono fatti tutti sede di diocesi (circoscrizione amministrativa romana assoggettata alla giurisdizione ecclesiastica di un vescovo) sin dai primi secoli d. C.
Ora, atteso che Fagifulae, di cui però ecclesiasticamente non resta traccia, certamente fu nell'ambito territoriale del medio Biferno la sede del municipium romano, quale diocesi cristiana è da riferire a tale area?
I rinvenimenti, assai frequenti, di reperti (iscrizioni, statuette, monete,...), una ragionata ricognizione della eziologia etimologica ed oggettive motivazioni storiche portano a due siti di antichi insediamenti, Cascapera e Ferrara, non molto distanti l'uno dall'altro ed entrambi posti al confine tra l'agro di Limosano e quello di Lucito, che potrebbero essere identificati con la stazione viaria 'ad PYRum' della Tavola peutingeriana e con il touto sannitico di Ti-pher-num, costretto poi a diventare, mantenendone il nome, un villaggio romano dirimpettaio, nella valle, di quella emergente Fagifulae favorita dal potere.
E, siccome il Cristianesimo primitivo per ragioni di opportunità si organizzava in luoghi marginali, potrebbe costituire cosa più che probabile il fatto che nella media valle del Biferno i primi presbiteri fissassero la diocesi proprio a Tifernum, in quanto decentrata rispetto a Fagifulae, che pure vi esercitava la giurisdizione civile.
Del resto, una vecchia tradizione storiografica già indicava il sito di Tifernum, località in cui lo storico Tito Livio colloca due scontri tra Sanniti e Romani, in agro di Limosano.
Ed il Gasdia, che la conosceva bene, poteva affermare: "Il Lanzoni,..., identifica Tifernum con Città di Castello. Ma se questa città è la nostra sannita, dirò che essa ebbe due vescovi...".
La sede a Limosano, a partire dal secolo VIII, della diocesi Musanense di S. Maria, più che semplice fatto episodico, rappresenta in questo modo un evidente segno di continuità (ben nota è la tendenza della Chiesa a 'conservare') con la diocesi di Tifernum, della quale sono noti i seguenti titolari:
???: S. Florido (o Floridio), vescovo di Tifernum;
465: Eutodius (o Eubodius), 'episcopus tifernas';
499: Marius, episcopus ecclesiae tifernatium;
501 e 502: Innocentius, episcopus tifernatium.
Tornando, infine, alla località di Cascapera, una ulteriore conferma a quanto abbiamo sin qui detto sembrerebbe venire dal fatto che essa confinava con Rocca del Vescovo, modesto corpo feudale ed antico villaggio poco conosciuto nell'agro di Trivento, il cui nome evoca e ricorda quantomeno una residenza vescovile.
Di quale vescovo se non del titolare della cattedra di Tifernum?

da "Vita Diocesana", Anno I, n. 10 del 30 giugno 1998.

lunedì 15 giugno 1998

Papa Leone IX a Limosano? Così vuole una recente scoperta d'archivio

L'intero primo millennio ed alcuni secoli del secondo vedono nel territorio del medio Biferno la presenza ininterrotta di una 'grossa' emergenza insediamentale, tanto interessante quanto poco conosciuta, che esercita la propria preminenza sull'intera area di riferimento lungo un percorso storico-etimologico che, partendo dalla sannita Ti-phernum e passando per la romana Fagifulae, si conclude a, o in, Musane, l'odierna Limosano.
Della scomparsa diocesi di quel centro abitato, che da 'ti-phernate' nel corso dei secoli diventa 'Musanense di S. Maria', racconteremo con altro scritto le vicissitudini e la lunga vita.
Ora, per una migliore comprensione di alcuni accadimenti storici, molisani e non solo, si rende necessario riferire dell'insediamento abitativo di 'li=Musani' (Limosano), strategicamente (per il controllo sia della risorsa idrica rappresentata dal fiume che delle vie di traffico) assai importante e che i manoscritti della Collectoria t. 61 dell'Archivio Vaticano dicono, come riferimento temporale siamo ai secoli XII-XIV, essere "terra così grande per ricchezze e nobiltà che nell'intera provincia beneventana nessun'altra città, eccettuata Bojano, poteva reggere il confronto". Era quella di Limosano, che contava allora sino a cinquemila abitanti, "terra da reputarsi insigne in quanto ha molti letterati, specialmente cultori di logica, dottori, medici, grammatici, avvocati, notai ed artisti".
Proprio ai margini del territorio riferibile ad una tale realtà insediativa, "in loco Sale iuxta Bifernum fluvium (in località Sale nei pressi del fiume Biferno)", Papa Leone IX, "contra Apulie fines pergens (dirigendosi verso i confini della Puglia)" dove, a Civitate, il 17 seguente doveva scontrarsi con l'esercito normanno di Roberto il Giuscardo, si accampava il 10 giugno del 1053 per tenervi un placito, nel quale il Pontefice concesse all'Abate Liutfrido di S. Vincenzo al Volturno un privilegio sul Monastero di S. Maria in Castagneto, situato "prope terram Casalium Cipriano" e che nelle 'decime' del 1309 pagava ancora la ragguardevole somma di "TAR XVIII".
Ma perché, e dove, il locus Sale, dagli storici ritenuto 'sconosciuto' o posizionato altrove, deve essere collocato in agro di Limosano? Perché i confini del corpo feudale della Sala, esteso per "tomuli mille, e cinquecento incirca", e coincidente con quel locus Sale, vengono descritti in un "istrumento stipulato à otto di luglio mille cinquecento novantasei" nel modo seguente:
"Li Territorij detta la Sala è terminata dell'infra(de)tto modo: Incomincia alla strada publica dello Fiume nominato Biferno, quale strada se nomina lo passo della Covatta, e se ne vene sempre per la strada publica suso in sino alla strada che se piglia per andare alla Fonte della Valla, seguitando per lo Frattale traverso, che esce sotto detta Fonte, e se ne vene sempre strada in sino à Fonte Faucione alla Confina, che è fra S. Angiolo, e Limosano, e del resto confina da ogni banda con lo Casale di Castelluccio e Territorij di Fossacieca (Fossalto)".
Se del Casale di Castelluccio (o, anche, di Castelluccio di Limosano) riferiremo in altro scritto, non possiamo ora non dire che nel territorio ad esso riferibile situavano ben tre grossi insediamenti monasteriali (S. Maria, S. Benedetto e S. Pietro) dell'Ordine benedettino, tutti dipendenti da Montecassino.
Testimonianza lasciata a ricordo dell'evento era la "Cappella (casalenum ecclesie) di San Leone, posta nella contrada che il popolo chiama 'La piana Santo Leo' vicino al fiume Biferno (iuxta flumen Bifernj) ed i confini della Terra di Limosano e del feudo del Casale di Castelluccio", esistente ancora durante il XVI secolo. Per curiosità va detto che 'La piana (di) Santo Leo(ne)', in origne chiaramente indicativa del fatto, nella 'parlata' limosanese si trasformava in 'la chiana Santa Lena', per diventare sulle carte geografiche la 'Piana (di) S. Elena'. Ciò, con buona pace della Storia.

da "Vita Diocesana", quindicinale della diocesi di Campobasso, Anno I, n. 9 del 15 giugno 1998.