domenica 30 agosto 1998

La Democrazia: più problemi che soluzioni?

Una tradizione culturale, tanto radicata quanto ingiusta, porta, se non proprio a demonizzare, quantomeno a colpevolizzare le responsabilità di Ponzio Pilato, il quale, perché nato nell’area tiferno-fagifulana (ambiti territoriali di Limosano e di Montagano) dove la ‘gens Pontia’, così come i Neratii nel Sepinate ed i Cluentii nel Larinese, aveva larga diffusione, era molisano.
Eppure egli, che era (e nonostante fosse) espressione di un potere centralista e verticale, di fronte alla decisione ‘democratica’ del popolo, che, chiamato ad esprimersi sulla sorte dell’Uomo-dio Cristo, gli ha preferito il ladro, malfattore e delinquente, Barabba, altro non fa (in precedenza, però, aveva compiuto tutti i tentativi per salvare l’innocente) che lavarsene le mani per dare libero corso agli effetti di quell’atto della ‘democrazia’.
Un tale atteggiamento illuminato e, per così dire, con risvolti assai innovativi e moderni, evitandogli perlomeno le accuse di ‘totalitarismo’, gli consente di mettere un consistente punto a suo favore.
Analizzare le conseguenze (e le negative sono di gran lunga maggiori e di più delle positive) di quella espressione di sovranità ‘democratica’ porta, tuttavia, ad una riflessione sui grossi e seri interrogativi che pone quella categoria di gestione del potere rappresentata dalla ‘democrazia’, che già la cultura e la ‘sofia’ greca avevano classificata come una delle peggiori forme di governo.
Un primo elemento di caratterizzazione negativa è rappresentato dalla ‘scelta’ del candidato, che, ‘proposto’ e messo nella propria lista da un partito secondo le ‘sue’ (= del partito) esigenze, interessi e logiche di accaparramento dei voti, viene ‘eletto’ non tanto (e non certo) per le capacità amministrative, quanto per il suo peso di clientele e da un elettorato che risulta sempre influenzato o da ‘ordini’ interni dello stesso partito o da umori momentanei che si danno all’opinione pubblica da una informazione certamente pilotata ed asservita. Barabba era bene il (o un) rappresentante di simili logiche devianti, deviatrici e che fanno una ‘democrazia’ più pericolosa di un regime ‘totalitario’. Per tanti versi ricollegabili a tale elemento e di esso non meno negative sono sia l’incapacità della collettività (in essa ogni individuo ricopre funzione, presenza e propositività diverse da quelle degli altri) a determinare il bene comune e sia la predominanza dell’interesse momentaneo e particolare, che, risultando nella psicologia più forte di quello generale, ‘condiziona’ una tornata elettorale. Il reo Barabba viene ‘eletto’ non certo perché offriva più e migliori vantaggi rispetto al Cristo, ma solamente perché in quel momento la psicologia della folla, condizionata da fattori esterni, vuole condannato quest’ultimo.
Pericolosa è anche la connivenza, facile ad aversi in ‘democrazia’ assai più di quanto si possa pensare, tra la funzione politica e quella di controllo (spesso incapace o, per varie ragioni, impedita ad esercitarlo), che frequentemente porta alla commistione dei poteri, la cui autonomia, la cui indipendenza e, soprattutto, la cui capacità di assolvere alla specificità del proprio ruolo, che sono essenziali al buon funzionamento di tale forma di governo, mai si riscontrano attualizzati concretamente. Il controllore (ma chi, ed in virtù di che cosa, lo ha nominato tale?) dell’eventuale azione amministrativa del Barabba di turno risulta, cioè, sempre colluso col controllato. Un discorso a parte meriterebbe la ‘voracità’ della burocrazia, che ben ‘sfrutta’ a proprio favore la omissione del controllo e partecipa di nascosto e, ancor più grave, impunemente alle spartizioni che ne derivano. Basti, al riguardo, pensare alle farse dei concorsi, che mai servono ad indicare il meritevole e il più capace professionalmente, ma solo e sempre il più ‘prono’ e chi, una volta inserito nell’organigramma, sa rimanere ‘fedele’ a determinate esigenze dei ‘gestori’ del potere.
Serie perplessità sorgono, poi, quando si fa l’analisi della composizione qualitativa dei rappresentanti, che, rispetto ai rappresentati, costituiscono una classe (quando non una casta) a se stante. Ad esempio, i disoccupati, così come in generale i poveri, che sono di più dei ricchi e che nelle società postindustriali tenderanno inevitabilmente sempre a crescere nel numero, mai esprimeranno eletti in misura proporzionale alla loro consistenza quantitativa e sociale. La forza economica, vero elemento discriminante, da, anzi, a chi ha il potere ‘democratico’ di rappresentare non solo se stesso, ma anche chi non ha. Chi rappresenta e quali pressioni stanno veramente dietro a quel Barabba che viene scarcerato?
Un problema grosso viene alla ‘democrazia’ anche dal mancato rispetto della ‘volontà’ della minoranza, quando non possiede mezzi e capacità (perché non può o non vuole raggiungere compromessi) per diventare maggioranza. Il suo destino, alla faccia del ‘potere di tutti’, è che per essa le decisioni vengono irrimediabilmente sempre e comunque prese da altri. Tornando all’episodio di Pilato, si ignora se i discepoli ed i seguaci del Cristo, che, dispersi tra la folla, sappiamo essere stati numerosi, abbiano partecipato alla consultazione; ciò nonostante, è facilmente pensabile che la loro ‘volontà’ mai ed in nessun caso sarebbe stata presa in considerazione. Vale a dire, cioè, che il metodo della sopraffazione, di tanto vile di quanto permette ai più di nascondersi dietro alla forza della cosiddetta maggioranza, rappresenta una condizione assai diffusa e coinvolge le minoranze sino ad un ‘democratico’ loro annullamento.
Da ultimo, ma non per importanza, per la democrazia si pone il problema della verifica continua. Ipotizziamo che, appena qualche momento dopo la liberazione di Barabba, le coscienze dei componenti la folla, resesi conto dell’errore di valutazione commesso, ci avessero ripensato. Come potrebbe essere espressa la volontà, in democrazia sempre in divenire, delle ipotetiche infinite maggioranze, ognuna e momento per momento diversa da quella precedente? A chi e come, ma gli interessi degli eletti si oppongono all’essere continuamente messi in discussione, il compito di una verifica permanente? Ed è, poi, corretto fissare tempi e modi di un mandato?Non resta, a questo punto, che constatare come sarebbe culturalmente più giusto e corretto (ed, in fondo, lo pensiamo tutti) colpevolizzare Pilato per essere stato ‘democratico’. Se fosse stato ‘totalitario’ e decisionista, forse…

da Vita Diocesana, quindicinale della diocesi di Campobasso-Bojano, n. 13 del 30 Agosto 1998, pag. 4.